La pelle calda del pianeta

Le immagini satellitari diffuse dal sistema europeo Copernicus mostrano la temperatura superficiale del suolo rilevata nelle ore centrali della giornata di ieri. A differenza della temperatura dell’aria, questa misura si basa sull’energia infrarossa emessa dalla superficie terrestre e rivela quanto si siano riscaldati terreni, vegetazione, asfalto e aree urbane sotto l’azione diretta del Sole.

 I dati evidenziano valori eccezionalmente elevati nel pomeriggio, soprattutto in Sardegna settentrionale, dove la piana di Chilivani ha toccato i 60 °C. Anche su ampie zone interne della Penisola — in particolare tra Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia — la temperatura del suolo ha superato i 50 °C, segnalando condizioni di forte accumulo termico.

Pur non rappresentando la temperatura dell’aria, queste rilevazioni restituiscono un quadro molto chiaro dell’intensità dell’irraggiamento solare e del calore assorbito dalle superfici. Un’informazione preziosa per comprendere fenomeni come le ondate di calore, le isole di calore urbane e lo stress termico che colpisce suoli, ecosistemi e città.

In un’estate che si inserisce in un trend climatico ormai ben definito, questi dati rappresentano un’ulteriore conferma degli effetti del riscaldamento globale. Le ondate di calore estremo diventano sempre più frequenti, intense e precoci, in linea con quanto previsto dai modelli climatici. I suoli surriscaldati sono non solo un segnale visibile del cambiamento in atto, ma anche un fattore che amplifica la siccità, mette a rischio la produttività agricola e influisce sul benessere delle popolazioni.

 L’assenza di dati in alcune aree alpine è legata alla presenza di nuvolosità consistente, associata allo sviluppo dei primi temporali pomeridiani, che in seguito si sono evoluti in sistemi convettivi intensi ed estesi. (Alfa Mike)